Papa Gregorio XIII



Roma nel XVI - Appunti di Storia dell'arte

Papa Gregorio XIII



Roma nel XVI - Appunti di Storia dell'arte

L’ARTE E GLI ARTISTI INTORNO A PAPA GREGORIO XIII

 

Gregorio XIII diede il via a restauri che toccarono varie parti della città di Roma e non solo, coinvolgendo un folto numero di artisti già attivi,  alcuni dei quali sono diventati dei nomi di spicco nell’ambito della storia dell’arte.

Le imprese urbanistiche riguardarono strade, come la via Boncompagni, ponti, come il Ponte Centino il cui architetto fu Domenico Fontana e porti, quello di Civitavecchia fu riparato nel 1574.

Le strade dovevano correre ben definite a collegare grandi complessi monumentali sia religiosi che civili. Nel 1574 fu pubblicata la Pianta di Roma di Stefano Du Pérac edita nel 1577 presso Antonio Lafréry. Per comprendere la situazione iconografica della Roma del tempo, trovo emblematico il “lamento” di Montaigne riguardo le Chiese della città. Il grande descrittore delle bellezze di Roma decantava ciò che annotava girando per le strade della città, trovando spogli gli interni delle Chiese. Pastor fa notare quanto sia stato normale per un francese paragonare la profusione di decorazioni delle chiese della terra d’origine rispetto a quelle romane. Tutto l’apparato iconografico che oggi si ammira in giro per Chiese e Palazzi lo si deve maggiormente al periodo successivo a quello preso in esame in questa sede, anche se quest’ultimo fu certamente il termine ante quem.

Benedetti e Zander affermano che Montaigne aveva uno scarso interesse per l’architettura. 

Ammira la Galleria delle carte geografiche: “la belle galerie que le Pape dresse de peinture de toutes les parties de l’Italie, qui est bien pres de sa fin….”.

Comunque il viaggiatore francese si trovò talmente bene nella città di Roma da desiderare di “obtenir le titre de citoyen Romain”, e l’ottenne dal Papa con una lettera del 13 marzo 1581.

 

Il piano di idrizzazione della città di Roma fu uno dei punti importanti dell’operato del Papa. Questione importante fu la continuazione dell’Acquedotto dell’Acqua Vergine. I primi tentativi per ricondurre a Roma le vene dell’acqua Vergine risalgono ai tempi del Pontefice Adriano I verso il 786. I lavori di restauro ripresero nel 1453 con Niccolò V, in seguito completato da Paolo II, da Sisto IV, da Pio IV e da Pio V.

La “Congregazione sopra le fonti” nominò “Architetto delle fontane” di Roma Giacomo della Porta che aveva diretto i lavori delle condutture dell’acqua del Salone. In realtà come fa notare il D’Onofrio, quando la Congregazione stese una lista di 18 fontane non intendeva 18 capolavori ma, 18 monumenti pratici, funzionali, decorosi e soprattutto in economia. Fu il genio del Della Porta a creare poi qualche cosa in più di “semplici fontane”.

Gregorio XIII dal ripristino dell’Acquedotto fece costruire tre condutture, per distribuire l’acqua alle fontane pubbliche ed alle utenze private nella pianura di Campomarzio.

Del pontificato di Gregorio XIII fanno parte diverse fontane rimaneggiate successivamente, come quelle laterali di P.zza Navona (la centrale completamente stravolta per opera del Bernini su volontà di Innocenzo X), S. Maria in Trastevere, Fontanella della Lupa a Campomarzio, Fontana dell’Eridano al Rione Parione, Fontana del Nilo al Monte Giordano, Fontana del Macacco in via del Babuino, del Leone a S. Giovanni dei fiorentini, Fontana del Popolo (ad opera sempre di Giacomo della Porta), quella del Pantheon e quella delle Tartarughe di Taddeo Landini su disegno del Della Porta.

Per il Giubileo furono pronte due fontane, quella di piazza Sciarra (piazza Colonna) e quella di piazza della Rotonda (senza l’obelisco barocco che fu aggiunto successivamente). Entrambe le fontane furono opera di Giacomo della Porta.

Anche le strade destarono l’interesse di Gregorio XIII.

Venne costruita la strada che conduce da S. Maria Maggiore a S. Giovanni in Laterano, l’attuale via Merulana, percorso importante per i pellegrini proprio durante il periodo giubilare. Questa strada verrà poi sfruttata dal successore di Gregorio XIII, Sisto V, nell’ambito di un programma urbanistico più ampio che vedrà la nascita di via Sistina.

Un’iscrizione ricorda che il Papa aveva disfatto e rifatto in forma più degna il portico cadente della Basilica Mariana, quello di Eugenio III, ed aveva aperto nell’anno giubilare “viam rectam ad Lateranum”.

La nuova via non nasceva dal nulla, né era un atto d’un volere teorico, distaccato dall’esperienza pratica.

Il Giovannoni sottolinea come esistesse sul luogo una “piccola via, che la pianta del Bufalini indica come via Tabernola, ma che doveva essere poco più che un sentiero campestre. L’opera promossa dal Papa l’ampliò e la regolarizzò; ed il tracciato appare completo nella pianta di Du Pérac-Lafréry del 1577”.

La via Ferratella dall’ospedale del Laterano a Porta Metronia fino a S. Sebastiano, fu un’altra opera del Boncompagni.

A Roma venne aperta la via della Rupe Tarpea come secondo accesso al Campidoglio.

Le opere di restauro furono molteplici, tra cui il Tabernacolo per il Sacramento in S. Giovanni in Laterano e il soffitto di S. Maria in Aracoeli; in realtà questo soffitto, fatto costruire da Pio V come commemorazione della vittoria della battaglia di Lepanto, fu alzato.

L’opera di restauro investì la città, tanto che molti Cardinali e romani benestanti vennero stimolati a riparare e decorare Chiese cadute.

Del periodo di Papa Gregorio XIII è anche la Chiesa del Gesù, che sorge in una delle zone più aristocratiche e centrali della città; in “umbilicus urbis” della Roma moderna. Il Guidoni fa notare come il “centralismo” deve trovare riscontro in una posizione altrettanto centrale della Fabbrica del Collegio, fisicamente, oltre che spiritualmente, a capo delle costruzioni ecclesiastiche deputate a realizzare la grande svolta controriformista.

Iniziata dal Vignola nel 1568 per il Cardinale Alessandro Farnese, la ricca facciata della Chiesa del Gesù è dell’architetto romano del tempo, Giacomo della Porta. Il Cardinale Santori il 25 novembre 1584 consacrò il bellissimo tempio al nome del Gesù.

Nel 1551 S. Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, fondò un palazzo romano (ora scomparso) situato alle falde del Campidoglio, nella "Via Capitolina" (oggi Piazza d'Aracoeli) la prima scuola dei padri gesuiti con annessa la prima biblioteca e fu chiamata Collegio Romano.

La riuscita fu ottima, tanto che a seguito del continuo aumento del numero degli studenti si dovette procedere ad un cambio di sede.

Nel 1581 vennero demolite molte case per far spazio alla nuova struttura. L’11 gennaio 1582 venne posta la prima pietra che recitava: “l’educazione della gioventù di tutte le nazioni nei migliori rami del sapere”.

L’architetto fu Bartolomeo Ammannati e il direttore Giuseppe Valeriano, famoso quest’ultimo per i disegni delle pitture nella Chiesa del Gesù di gusto Controriformista. 

Nel 1584 Gregorio XIII inaugurò la nuova sede del Collegio Romano.

Al centro delle attenzioni del Pontefice fu anche la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri; questi fondò l’Oratorio della SS. Trinità dei Pellegrini che ebbe un ruolo determinante nell’animazione della vita religiosa. Nel 1575 Alessandro dei Medici pose la prima pietra della Chiesa di S. Maria in Vallicella per i discepoli di S. Filippo Neri, tra cui lo stesso Papa.

L’amore per lo studio portò il Papa a dare un ulteriore impulso ai lavori del Palazzo della Sapienza, sede dell’Università di Roma.

La mancanza di ritrovamenti archeologici documentati ha fatto supporre che in epoca romana l'area dell'edificio fosse un "nemus", un bosco sacro in cui era proibito costruire, posto in prossimità delle Terme Neroniane.

Le prime notizie sul Palazzo della Sapienza risalgono all'anno 1431 in cui Eugenio IV (1431-1447) fa acquistare alcune case private situate nell'area dell'attuale edificio per dare una sede unica allo Studium Urbis.

Successivamente Alessandro VI (1492-1503) ordinò le riparazioni e l'ampliamento dello Studium. Il progetto prevedeva una forma rettangolare con cortile interno circondato da un porticato e soprastante loggiato provvisto di due scaloni, ma probabilmente i lavori si limitarono alla sola zona a destra dell'attuale ingresso principale. 

Leone X (1513- 1521) fece continuare i lavori nella zona destra e, secondo alcuni autori fece aggiungere un nuovo braccio "trasversale" posto al centro dell'attuale cortile in direzione Est-Ovest.

Fino a questo periodo tuttavia le notizie non sono sufficientemente documentate ed univocamente accettate dagli storici dell'architettura, mentre dopo la metà del '500 si cominciano ad avere dati e fonti più sicure.

Nel 1562 Guidetto Guidetti vinse un concorso indetto da Pio IV (1560-1565) per il progetto di rinnovamento della Sapienza ed iniziò il rifacimento di alcuni portici, probabilmente le prime cinque campate del fianco destro  o, secondo i sostenitori  del braccio “trasversale” di Leone X, alcune campate verso occidente dei due cortili.

L'anno seguente (1563) Guidetti morì e il suo sostituto Pirro Ligorio presentò un nuovo progetto di sistemazione del Palazzo che prevedeva un grande cortile con due esedre contrapposte sui lati Est ed Ovest. 

I lavori iniziarono, ma furono subito sospesi. Gregorio XIII negli anni del suo pontificato dette un nuovo impulso ai lavori nel 1577 nominando Giacomo della Porta architetto dello Studio.

Inizialmente Giacomo della Porta proseguì i lavori secondo i piani di Pirro Ligorio, ma nel 1579, avendo elaborato un suo progetto, iniziò la costruzione dell'angolo verso San Giacomo degli Spagnoli (cantonata di Gregorio XIII) ed i lavori da allora continuarono a svilupparsi seguendo la linea logica che ha portato all'assetto che oggi vediamo. 

Sotto il pontificato di Sisto V (1585-1590) Giacomo della Porta costruì la facciata verso San Giacomo degli Spagnoli, che diventò l'ingresso principale, i due scaloni, il campanile ed il piano attico, che estese per un breve tratto all'inizio delle ali.

Ai tempi di Clemente VIII (1592-1605) sempre il della Porta dette inizio (1594) alla costruzione dell'ala sinistra dell'edificio dalla cantonata di Gregorio XIII alle costruzioni preesistenti che occupavano l'area dove sarebbe sorta la Biblioteca Alessandrina. Questa ala fu costruita ex novo dalle fondamenta fino al "Salone Novo", l'attuale sala-studio, continuando poi con le due logge sul cortile davanti al "Salone" in prosecuzione delle campate già costruite dallo stesso Della Porta.

Tra il 1592 e il 1602 Giacomo della Porta iniziò la sistemazione del cortile realizzando l'esedra sul lato Est, demolendo definitivamente, secondo alcuni autori, il braccio "trasversale" di Leone X nel 1594. Nel 1595 aveva completato il primo ordine, mentre il secondo terminò nel 1602, anno in cui morì.

La voglia di ampliare edifici già esistenti portò Gregorio XIII alla villa nella vigna del Cardinale d’Este.

Monte Cavallo era un luogo dove Gregorio XIII amava passeggiare e respirare aria salubre, come evidenzia il Pastor nella sua opera.

Il progetto per l’ampliamento fu spesato dal Papa che incaricò dell’operato Ottaviano Mascarino.

Questi realizzò, tra il 1583 e il 1585, una elegante villa con facciata a portico e loggia collegate internamente da una splendida scala elicoidale; al progetto del Mascarino si deve anche il cosiddetto “torrino”, il belvedere che corona la palazzina. Alla morte di Gregorio XIII, il successore Sisto V acquistò nel 1587 dai Carafa la villa di Monte Cavallo per farne la sede estiva del pontificato.

All’interno del Vaticano molteplici furono gli interventi di Gregorio XIII e diversi furono gli artisti che ruotarono intorno a lui.

…fece egli far molte fabriche non tanto per sua gloria, quanto per pietà Christiana;”, scrive Baglione nelle pagine dedicate alle opere di Papa Boncompagni.

Il Pinelli evidenzia che quattro furono gli architetti impiegati dal Boncompagni per il restauro e la costruzione degli edifici di Roma: Giacomo della Porta, Matteo da Città di Castello, Martino Longhi il Vecchi e il bolognese Ottaviano Mascarino.

La Sala Regia fu uno di quegli ambienti che vide il susseguirsi di artisti per il suo completamento. Si accede alla Sala Regia dalla Sala Ducale. Dalla Sala Regia si passa da un lato nella Cappella Paolina e in uno dei lati lunghi nella Cappella Sistina.

L’esecuzione degli affreschi, avviene sotto i papi Paolo III, Pio IV, Pio V e Gregorio XIII, tra il 1547 e il 1573.

Come ha fatto notare Zuccari, è il trionfo della “pittura di storia” impegnata a mostrare  la sottomissione dei regnanti (come la scomunica di Federico II), la vittoria sugli eretici (come l’eccidio degli ugonotti nella notte di San Bartolomeo) e la sconfitta dei turchi (con la battaglia di Lepanto).

Lorenzo Sabbatini fu incaricato di terminare gli affreschi iniziati dal Vasari, in particolare mise mano sulla Vittoria di Lepanto.

Lorenzo Sabbatini sembra aver avuto un ruolo importante se lo ritroviamo come direttore dei lavori per la decorazione della Sala Bolognese al terzo piano del Vaticano. L’architettura a scorcio del soffitto a volta con i segni dello Zodiaco fu affidata all’ormai famoso Ottavio Mascarino, mentre le figure di astronomi e geografi che animano la prospettiva al Sabbatini.

Ma l’opera che forse rappresenta l’atteggiamento di Gregorio XIII durante il suo pontificato è la Galleria delle carte geografiche.

Ambiente che vede giornalmente masse di turisti frettolosi e distratti, la galleria manifesta l’idea che il Papa aveva dello Stato Pontificio. 

La galleria fu architettata da Ottaviano Mascarino, succeduto a Martino Longhi il Vecchio nel 1578, come architetto di fiducia del Papa. Il protagonista però, della vicenda fu senza dubbio il cosmografo e matematico perugino, Egnazio Danti.

Il perugino fu affiancato da artisti fiamminghi quali Matthijs e Paul Bril e da Girolamo Muziano e Cesare Nebbia.

Il Muziano era molto stimato da Gregorio XIII e venne chiamato nell’impresa della galleria perché ottimo paesista.

La sua maniera risulterà però ostica e difficile al successore di Gregorio XIII, Sisto V, che a lui preferirà l’allievo Cesare Nebbia.

Le carte geografiche che si snodano sulle pareti, rappresentano il possesso papale sul territorio italiano. Ogni territorio ospita nel suo interno raffigurazioni di battaglie importanti che lo hanno caratterizzato. La Chiesa fungeva da protettrice sia contro gli infedeli orientali, impersonificati dai turchi ottomani sia dalle eresie e dagli scismi della riforma luterana.

Nel testo riportato in nota, si sottolinea spesso una caratteristica emblematica del pontificato di Gregorio XIII. Questi completava ciò che era stato lasciato a metà e imprimeva ovunque un “sigillo di fasto imperiale, mai disgiunto però da valenze di ordine religioso”. 

Difatti le quaranta carte non sono un Atlante d’Italia, ma l’immagine del territorio italiano sul quale il principe pone la sua protezione e il suo potere.

Trovo significativo un concetto riportato dalla Milanesi, per comprendere meglio l’atteggiamento di Gregorio XIII.

Il Papa non si faceva identificare iconograficamente con gli eroi antichi, ma si faceva rappresentare attraverso le loro opere. Egli era il successore di grandi uomini del passato, quali Giulio Cesare che al tempo, rivestì le funzioni di pontifex maximus.

Questo atteggiamento si discosta dai Papi del XV secolo, come ad esempio Alessandro VI Borgia, che ritenevano la loro stirpe originaria da antichi eroi come Ercole. 

Lo Stato della Chiesa rappresenta quindi un modello di saldatura tra il potere  politico e quello religioso offerto agli altri principi.

Sotto il punto di vista artistico, le carte geografiche richiamano alla mente la Sala del Mappamondo di Caprarola, ma sono il primo esempio di galleria affrescata con tali immagini.

La presenza di artisti fiamminghi all’interno di questo cantiere è denunciata dal gusto del paesaggio che caratterizza le carte geografiche. 

Osservando gli affreschi ci si accorge come in molte zone dei territori si cerchi di dare un senso plastico al paesaggio. 

Montagne di varia grandezza sono accompagnate da alberi e addirittura cespugli la dove sono presenti scene di episodi, importanti per la personalizzazione del territorio. 

La volta della galleria presenta una decorazione molto fitta di immagini. Tra grottesche e stucchi si snodano miracoli, sacrifici e Virtù cristiane.

Nel 1581 la decorazione fu terminata a tempo di record, anche se ritocchi furono effettuati nel 1582 e anche all’inizio del 1583.

Il potere della Chiesa sul tempo venne manifestato dalla costruzione della Torre dei venti, che risale anch’essa al 1580, e la riforma del calendario.

Nella Torre dei Venti del Vaticano vi è ancora, tracciata sul pavimento del solaio, la linea meridiana sulla quale Egnazio Danti dimostrò al Papa che il sole passava sull’equinozio l’11 marzo, anziché il conciliare 21 marzo, alterando in modo grossolano il momento per celebrare la Pasqua secondo le intenzioni del Concilio di Nicea.

Lo scopo della riforma consisteva nel riportare il 21 marzo sull’equinozio di primavera.

Per ottenere questo risultato la riforma interveniva sul calendario con due provvedimenti fondamentali.

Il primo consisteva nel drastico immediato rifasamento della data rispetto alla situazione astronomica, saltando di colpo 10 giorni di calendario; perciò nell’anno 1582 dal giovedì 5 ottobre si passò direttamente al venerdì 16 ottobre.

Il secondo provvedimento del Papa fu quello di modificare la regola dei gironi bisestili per evitare che lo slittamento della data tornasse a verificarsi nel futuro.

L’intervento di Gregorio XIII sul calendario solare evidenzia il potere papale che è in grado di risanare non solo le piaghe sociali del suo Stato ma, anche di intervenire sugli “errori” del tempo.

La vigilanza e la custodia sono state concretizzate in pieno dal 1572 al 1585.